Isole robotizzate: gli errori da non fare

Oggi parliamo di isole robotizzate, robotica, automatizzazione dei processi e degli errori tipici che si fanno, quelli che poi provocano le cause tra fornitori e utilizzatori.

Questo articolo nasce da un webinar che ho fatto con Fabio Bergamini, ingegnere appassionato di robotica. Se ti interessa il video lo trovi qui.

Dunque, quali sono gli errori più comuni?

Io di solito li vedo nelle cause a cui lavoro come consulente di parte, quei processi civili che gli utilizzatori intentano perché non vogliono pagare le macchine che gli sono state fornite.

Ecco, sappi che la maggior parte delle volte questi casini nascono da errori in buona fede, perché ci sono stati dei fraintendimenti o dei problemi di comunicazione tra venditore e cliente. Cerchiamo allora di vedere a cosa fare attenzione, come fornitore o come cliente, per evitare tutto questo.

1) Errori nel processo di vendita

Qual è la situazione tipica?

L’utilizzatore deve automatizzare un qualcosa: deve raddrizzare dei cubetti di colla, etichettare, colorare, riempirli. Cerca un integratore che metta insieme più macchine. Di solito lo cerca di zona, se è bravo ne cerca uno di una dimensione paragonabile alla sua in modo da essere né troppo piccolo né troppo grande.

Il rapporto di vendita, alla fine, è sempre uno sposalizio, una cosa che dovrebbe durare anni e quindi deve essere un win-win tra le parti.

Il nostro utilizzatore, dunque, trova un fornitore e fa la richiesta d’offerta classica. Arrivano i commerciali del fornitore che prendono le informazioni, poi vanno all’ufficio tecnico per chiedere se si può fare quanto chiesto.

L’ufficio tecnico risponde che non ha mai fatto quella cosa lì, è la prima volta, che non è sicuro – questa è una dinamica tipica: il commerciale vende sempre qualcosa che nessuno ha mai fatto in quel modo (e che spesso, spiega male), l’ufficio tecnico si spaventa e pone le prime resistenze. Il commerciale che fa? Beh, il suo lavoro, e vende la macchina lo stesso.

La stessa cosa, a specchio, succede quando l’utilizzatore va nel suo ufficio tecnico e spiega che gli è stata offerta questa possibilità. Anche qui c’è sempre un po’ di resistenza iniziale, non nascondiamocelo.

Come si vincono queste resistenze, e come si arriva poi a un risultato che soddisfa entrambi? Due parole: chiarezza e informazioni.

Ma quali sono le informazioni fondamentali che non possono assolutamente mancare? Adesso le vediamo.

Leggi anche: La Certificazione CE nelle isole robotizzate

1.1 Layout del capannone

Le primissime informazioni che bisogna chiedere riguardano il layout del capannone. Spesso succede invece che le informazioni sul layout del capannone arrivano molto dopo, quando ormai ci sono dei vincoli che non si possono più modificare.

Per layout del capannone non si intendono solo le dimensioni e la forma del capannone vuoto ma le informazioni sul capannone e le macchine che ci sono dentro, compresa anche la presenza e la posizione dei quadri elettrici, dell’acqua, dell’aria compressa, delle centraline…

Il fornitore deve sapere dove andrà messa la macchina e, dal canto suo, deve mettere in chiaro le caratteristiche delle sue macchine per inquadrare bene la richiesta. Ad esempio bisognerà sapere se il portone è abbastanza grande per farla entrare o se bisogna bucare il muro, se la macchina si può spacchettare per farla entrare…

Il documento che contiene tutte queste informazioni dovrebbe essere firmato da entrambi le parti. Prima della pandemia si facevano tanti sopralluoghi inutili; adesso si fanno tante video-chiamate quindi si fanno meno sopralluoghi, è tutto sulla carta. Ma bisogna allora arrivare ad una constatazione concordata.

Capiamo quali sono gli errori da non fare nelle isole robotizzate

1.2 Chi si occupa della certificazione CE?

Capita raramente che l’utilizzatore voglia comprare tutte le macchine nuove, che si parta da zero. Di solito l’utilizzatore non vuole buttare le macchine che ha, vuole fare un’integrazione tra il nuovo e quello che ha già.

Ecco allora che arriva la domanda da cento milioni di dollari: chi fa la certificazione CE?

O meglio, di solito la prima reazione del cliente è questa: “La certificazione CE è una roba inutile, non voglio spendere quei soldi”. Peccato che secondo la legge la certificazione (e il suo relativo manuale) è obbligatoria: tu non puoi avere un’automazione senza il manuale dell’insieme di macchine, a meno che non siano tante macchine separate e distinte – ma se così fosse, non ci sarebbe un’automazione.

In altre parole, tu utilizzatore devi per forza avere un manuale dell’insieme di macchine che dice come accenderlo, spegnerlo, regolarlo, aggiustarlo, cosa fare in caso di infortunio. Poi a questo manuale sono allegati i manuali delle varie macchine. Inoltre devi fare una valutazione del rischio dell’insieme, anche perché solo sulla base di tutto questo puoi addestrare (bene) gli operai!

Dunque chi firma la dichiarazione di conformità CE? Le possibilità sono due: o lo fa l’utilizzatore o lo fa l’integratore. Come dici, tu fornitore stai vendendo “solo” un robot?

Beh, il robot è una quasi macchina, e nella dichiarazione di incorporazione c’è scritto che è vietato usarlo se non è certificato nell’insieme. Lo stesso discorso vale per le centraline aerodinamiche.

La questione della dichiarazione di conformità va specificata e decisa bene fin da subito, perché è fonte di infinite discussioni tra fornitore e cliente che di solito si rimpallano la responsabilità. Il fornitore tende a dire “io ti do la certificazione solo della mia parte”, il cliente dice “no, tu mi devi dare tutto”. Insomma questo discorso va chiarito.

Altra questione: la certificazione CE la può firmare un consulente?

NO. Il CE lo deve firmare chi progetta l’impianto, chi l’accende per la prima volta (e fa la messa in servizio) o chi lo vende per la prima volta nel mercato europeo. Il consulente non può firmarla a meno che non faccia finta di essere il progettista.

Quindi può essere il cliente che sceglie le macchine, le mette vicine, sceglie il layout e fa la valutazione del rischio e poi l’integratore si occupa solo della realizzazione.

Oppure è l’integratore che realizza l’impianto nel senso che sceglie le macchine, le unisce e le fa lavorare insieme e fa il collaudo. Oppure, se il fornitore è fuori dall’Unione Europea, sarà l’importatore che ci mette la firma.

Attenzione poi, la marcatura CE è un’autocertificazione in Direttiva Macchine (a meno che non parliamo delle macchine ad alto rischio dell’allegato IV). Diciamo che nella maggior parte dei casi non è necessario passare per l’ente certificatore.

1.3 Destinazione d’uso e quantitativi previsti

Un altro elemento importante da inserire nell’offerta e nel contratto sono i quantitativi previsti (e più in generale la destinazione d’uso), perché chiaramente l’azienda che compra vuole ottenere un certo risultato che deve essere adeguato in funzione dei costi che deve sostenere.

Ora, dovrebbe essere chiaro a tutti e due le parti coinvolte che la quantità non può sempre essere precisa al 100% – e lo dico perché vedo cause in cui si dice: “Eh, Tizio mi ha venduto quell’impianto e mi ha detto che colorava 5.000 pezzi, invece ne colora 4.900…

Una soluzione sensata è stabilire un minimo e un massimo di pezzi o comunque dei range che rispondono alle aspettative di risultato, perché altrimenti è complicato. Ricordiamoci che l’integratore sa costruire la macchina ma non la sa usare, e chi la usa non la sa costruire. La professionalità dell’utilizzatore nel settare, fare le ricette, regolare la temperatura, posizionare, eccetera, è fondamentale.

1.4 Gli attrezzamenti

Attrezzamenti è il termine tecnico con cui vengono chiamate le pinze, i bilancini, tutti quegli utensili che servono per garantire il risultato. Spesso l’utilizzatore li vuole scegliere lui perché vuole risparmiare. Oppure al contrario vuole che la macchina sia attrezzata con tutto quello che serve, magari anche intercambiabile.

Insomma, anche qui il punto è la chiarezza. Bisogna stabilire nero su bianco cosa verrà fornito.

1.5 Tempi di consegna e installazione

Parliamo dei tempi di consegna. Di solito vengono promessi tempi di consegna molto più stretti di quanto poi non avvenga in realtà. Ecco perché conviene stabilire già nell’offerta quali sono i tempi di consegna e anche le eventuali penali, oltre ai tempi generali del contratto e le indicazioni su come evolve il contratto nel tempo.

In questo momento, poi, i tempi di consegna hanno particolare importanza, perché sappiamo che ci sono agevolazioni fiscali che valgono se la macchina è installata e connessa entro giugno 2022. Se la macchina viene consegnata o avviata tardi, per l’utilizzatore significa perdere un 10% di agevolazione. Se hai comprato la macchina a mezzo milione di euro sono 50mila euro, mica bazzecole.

Qui entra in gioco tutta la questione delle eventuali penali, che sono sempre delicate dal punto di vista del costruttore, perché subentrano varie questioni. Se ad esempio viene chiesta una modifica in corso d’opera, come ci si regola?

Inoltre possono esserci vari fattori che rallentano la consegna dell’impianto, perché di solito entrano in gioco altre figure funzionali all’installazione: quello che noleggia i mezzi per scaricare le macchine, quello che collega gli impianti elettrici, quello che deve fornire l’aria compressa…

Alcune di queste tempistiche sono anche legate all’utilizzatore, magari perché è lui a chiedere di utilizzare l’elettricista di fiducia o altro, che poi quando serve non risponde al telefono…

Oppure, ancora, ci sono informazioni che deve fornire l’utilizzatore. Facciamo finta un attimo di essere l’integratore, che deve farsi mandare dall’esterno il software per l’automazione. Io avrò bisogno di un operatore dell’azienda cliente, che mi aiuti a capire di cosa ho bisogno, altrimenti rimango bloccato.

Altra situazione: serve una fossa dove inserire la macchina. Io fornitore arrivo nel capannone, la fossa non è scavata e devo appoggiare la macchina a terra.

Insomma, l’integratore deve essere messo in grado di lavorare bene, deve avere la collaborazione dell’utilizzatore che non può limitarsi a pensare: “Io ho pagato, fai tutto tu”.

Ti dirò di più: la durata dell’installazione è sempre un punto tragico, perché il costruttore tende a ridurla al minimo in quanto per lui sono spese. Anche chi acquista la macchina in teoria dovrebbe avere l’interesse di ridurre i tempi, ma poi accade che il manutentore non c’è, non c’è l’elettricista… insomma, ci sono problemi di cattiva gestione.

Questa è proprio una delle questioni più difficili da formalizzare nei contratti. Per i costruttori è un grosso problema, perché si ritrovano magari ad avere tecnici fermi due giorni a girarsi i pollici mentre aspettano che il cliente faccia i suoi comodi.

Un “trucchetto” per evitare questi problemi è mettere tutte le informazioni per iscritto. Io costruttore, ad esempio, scrivo all’utilizzatore un messaggio del tipo:

Quel giorno verranno due tecnici che si chiamano Antonio e Giuseppe. Vengono per fare queste attività e prevediamo che servano questi due strumenti.

1.6 Modifiche in itinere

Tutti gli impianti che ho visto sono nati con una certa idea e poi sono stati realizzati con un’altra. C’è sempre una trasformazione (soprattutto durante la fase di collaudo e installazione): si è partiti da un impianto manuale e poi si fa quello automatico, si passa dalle boccette di vetro a quelle di plastica, dalla cabina aperta ad una chiusa…

Se sei un integratore o un utilizzatore con un po’ di esperienza sai benissimo che queste cose succedono. È importante però pensare ad un metodo per formalizzare le modifiche richieste e le decisioni prese, perché capita spesso che vengano discusse al telefono e poi ci si dimentica di scriverle. Basta mandare una mail o (quasi meglio) usare Whatsapp, che è criptato e non è modificabile.

Attenzione però, perché in alcuni casi queste integrazioni importanti devono andare a modificare il contratto.

1.7 Cosa deve essere scritto nell’offerta (e nel contratto)

Lo ribadisco: le offerte di vendita devono essere lunghe e piene di dettagli (parlo di offerte perché, di solito, una volta firmata, quello diventa automaticamente il contratto di vendita.)

Ricapitoliamo. Cosa ci deve essere nell’offerta?

  • Layout del capannone
  • Destinazione d’uso e quantitativi di prodotto/lavorazione
  • Attrezzamenti
  • Chi firma la certificazione CE e crea il manuale
  • Tempi di consegna ed eventuali penali
  • Accordi sull’installazione
  • Info sulla manutenzione
  • Info sulla garanzia

2) Il precollaudo

Uno dei momenti più delicati con le isole robotizzate è il momento del precollaudo, quando l’integratore installa la macchina nel suo capannone – o il pezzo di macchina che aggiunge – e ti fa vedere che otterrai il risultato promesso.

Questo step viene anche chiamato FAT quando è presso il costruttore, mentre il test finale presso il cliente è il SAT.

Passaggio fondamentale ma non così scontato: qui l’utilizzatore deve fornire il prodotto da provare. Fidati, non è banale, ho visto clienti che fanno riempitrici e che credono di provarle con l’acqua… ma se il fluido cambia, cambia la densità e tutto il processo!

Insomma, se hai una fustellatrice che fa sagome per tessuti devi fornire i tessuti da tagliare; se hai un impianto di sbavatura dei metalli, devi dare i pezzi veri da provare. Il fornitore deve avere il campione 0, reale.

Un’altra cosa importante è che si dovranno garantire in fase di precollaudo un certo numero di ore di lavorazione. C’è questa cattivissima abitudine di far durare il FAT un quarto d’ora, dieci minuti… niente di più sbagliato!

Questo è il momento in cui si è ancora in grado di sistemare ciò che non va. Il FAT dovrebbe quindi durare un paio d’ore, e la quantità di tempo deve essere verbalizzata.

La firma con cui si dice se il FAT è stato superato oppure se è stato superato con riserve è una firma molto importante. Lato utilizzatore, devi farla solamente se sei certo al 100% che ciò che hai visto è esattamente quello che ti aspettavi.

Certo, è sempre una fase delicata, una negoziazione difficile. Però è necessaria per entrambe le parti.

Per il costruttore avere la firma del FAT significa una bella tutela. La firma vuol dire che quanto fatto va bene, e che quando spedirà la macchina non si troverà a doverla modificare con ulteriori costi. Per il cliente la firma significa pure una sicurezza: questo ho comprato e questo devi fornirmi.

Qui però dobbiamo mettere un asterisco, perché c’è una questione importante: la maggior parte delle isole robotizzate sono quasi macchine e ovviamente il costruttore non può farsi spedire il resto dell’impianto per provarlo.

Bisognerà comunque cercare di fare in modo di rendere il test il più veritiero possibile: è necessario garantire che la presa funzioni, che il tempo di ciclo funzioni, magari guardare se ci sono e sono funzionanti anche i dispositivi di sicurezza – questo si fa pochissimo, l’abbiamo visto fare solo nel settore farmaceutico dove esistono dei protocolli molto precisi.

Attenzione anche agli elementi di dettaglio in fase di contrattazione, perché con il FAT i nodi vengono al pettine. Ad esempio, il costruttore dovrà sapere qual è il diametro dei pezzi che lavora la macchina, altrimenti poi ci si trova in precollaudo a non ottenere il risultato desiderato.

3) La documentazione

La documentazione che arriva al cliente cambia a seconda di chi firma la certificazione CE.

Se firma l’utilizzatore, allora dovrà ricevere:

  • tutti gli schemi, i disegni e i layout
  • l’elenco dei dispositivi di sicurezza
  • le certificazioni delle macchine che ha integrato
  • le certificazioni dei dispositivi elettrici di sicurezza installati

Tutto questo è funzionale a fargli poi costruire un fascicolo tecnico, che altrimenti sarebbe impossibile fare. Di solito l’utilizzatore nomina un consulente che svolge la valutazione del rischio e crea il fascicolo tecnico raccogliendo la documentazione necessaria, ma il consulente deve interfacciarsi con l’integratore e ricevere la documentazione.

Questo può essere a volte un problema, perché se l’integratore non deve fare la marcatura CE dell’insieme succede che decida di lavarsene le mani e che non arrivino le informazioni per il fascicolo tecnico.

Un classico esempio è quello dei software di cui non ti danno il codice sorgente. Come fai a fare la marcatura se non hai il sistema di comando e non sai cosa stai valutando? Anche questi sono aspetti da tenere bene in considerazione e stabilire in sede di contratto.

Leggi anche: Progettazione isole robotizzate: come crearne una in 5 Step!

4) Dubbi frequenti

Inserisco qui una serie di domande che sono emerse nel corso del webinar, sperando così di risolvere alcuni dei dubbi più comuni.

Il layout del capannone non dovrebbe partire o essere collegato alla valutazione del rischio delle distanze di sicurezza legate alla tipologia di robot?

Certo, le distanze sono un elemento fondamentale, che impattano non solo sulla sicurezza ma anche proprio sul funzionamento dei robot. Se non hai abbastanza spazio a disposizione potresti essere costretto a cambiare marca di robot, perché in alcuni casi è proprio impossibile farli funzionari in certi spazi.

Oltretutto lo spazio a disposizione impatta anche sul tempo dei cicli produttivi. Diciamo che c’è un layout standard entro il quale il robot lavora bene in termini di produttività; se lo si fa lavorare in uno spazio più piccolo non solo emergono problemi sulla sicurezza, ma anche in termini di risultato e di prestazione.

In certe situazioni non è possibile fare il FAT “a casa” del costruttore (ad esempio macchinari che lavorano in cella frigo). Come si deve comportare il cliente per tutelarsi?

Ne esistono molti di casi di questo tipo. Pensiamo ad esempio a quando si interviene sulla linea, magari per modificarla da manuale ad automatica.

Concentrare tutto sul FAT è l’ideale, ma spesso nella realtà non è così. Ci sono anche produttori che non lo fanno proprio, consegnano la macchina e fanno direttamente il SAT, il test di accettazione presso il cliente.

È difficile dare consigli universali, anche perché il mondo dell’automazione è molto vasto. In generale diciamo che conviene trovare una soluzione di un qualche genere, che magari permetta di testare alcuni elementi fondamentali di processo.

Se faccio una modifica a un’isola robotizzata marcata CE aggiungendo una parte di linea, devo fare un allegato al manuale e certificare che anche l’estensione rispetta la Direttiva Macchine?

No, bisogna rimarcare tutto l’insieme. Si prende la marcatura della parte vecchia, si fa la valutazione del rischio sulla parte vecchia e sulla nuova, si crea un manuale dell’insieme e si fa la marcatura complessiva.

Attenzione che questo non è così banale, si tende a valutare sempre dopo, quando già è tardi e poi diventa difficile recuperare la documentazione da tutti i vari fornitori.

Mi ritrovo con un layout robotizzato provvisto di barriere che però non è per nulla adatto a rendere sicura un’isola. Ci sono vie di uscita?

Mah, non tanto. L’unico suggerimento che posso darti è guardare alle nuove tecnologie in campo sicurezza, che negli ultimi anni hanno reso possibili cose che prima non lo erano. Si parla anche di elementi software: ad esempio i robot di una marca molto conosciuta hanno un’opzione che consente di limitare le aree di lavoro in funzione dei segnali di sicurezza.

Un altro elemento interessante sono i radar di sicurezza, che controllano il volume e verificano che non ci siano oggetti in movimento o persone.

Il software di sicurezza deve essere certificato CE?

Sì, i dispositivi di sicurezza dovrebbero avere la certificazione CE. Se il fornitore è serio la fornisce, lo dà per scontato… e dà anche la firma digitale e il numero in modo che si tutela anche lui.

Nel certificato CE del costruttore vanno indicate le norme tecniche?

Per chi non lo sapesse, le norme tecniche sono quelle che danno la presunzione di conformità. Sono volontarie, nel senso che vanno indicate solo se conviene farlo. È invece obbligatorio citare le direttive e i regolamenti di prodotto, ad esempio la Direttiva macchine o la Direttiva di compatibilità elettromagnetica.

Detto ciò, se io fossi il cliente vorrei sapere quali norme vengono utilizzate per costruire la macchina. Fa parte delle informazioni che è saggio acquisire prima di ordinare, insieme a quelle sulle competenze dell’azienda… e sulla sua struttura finanziaria.

Dico questo perché se il costruttore fallisce il cliente si trova in una situazione molto spiacevole. Non solo perde l’assistenza, perde anche tutte le informazioni che gli può fornire il costruttore. Insomma, tutto il valore relazionale va in fumo.

Come legare più macchine a un’isola robotizzata dal punto di vista della sicurezza? Basta unificare l’emergenza?

Tutto dipende dal caso in questione. A volte unificare un’emergenza genera dei rischi nuovi!

Qui le tematiche sono due: la sicurezza delle persone e l’affidabilità del processo. Spesso, quando abbiamo un’isola robotizzata, chi compra gli impianti chiede di non collegare le emergenze al centro di lavoro perché se premi l’emergenza sul robot vuoi che si fermi il singolo robot ma non vuoi che il centro di lavoro si stoppi, perché quando si ferma quello rimane dentro “il maschio” impiantato nel pezzo, e questo è un problema.

Quindi non c’è una risposta univoca, bisogna vedere caso per caso.

Mettiamola così: ci sono più punti di comando perché da ogni punto di comando puoi vedere cose diverse e controllare cose diverse. Con la stessa logica potresti avere arresti d’emergenza diversi (ma questo dev’essere chiaro) o un unico comando per tutto.

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