Come contestare un macchinario: usare i vizi o la sicurezza

Partiamo dalla situazione tipica: l’imprenditore compra un macchinario, scommettendo sulla promessa del produttore. Quella promessa, però, non viene mantenuta.

All’inizio l’utilizzatore non capisce, tempesta di telefonate il produttore, chiede assistenza: quasi non ci crede che la macchina non sia in grado di fare quello che vuole. Ad un certo punto il produttore si stufa e inizia a emettere le sue fatture senza più rispondere al cliente o mandare i suoi tecnici. L’utilizzatore si ritrova così con un macchinario inutile, spesso ingombrante, che occupa spazio nel capannone e che non risponde alle sue esigenze.

Ed è qui che tutto si inasprisce, e l’acquirente inizia a pensare di contestare il macchinario.

A questo punto, spesso, entriamo in gioco noi periti. La consulenza sui macchinari difformi alle aspettative è diventata ormai uno dei più tipici tra i miei incarichi.

Da cliente, però, devi capire che la contestazione può seguire strategie e percorsi diversi. Molto dipende dal tipo di accordo: il macchinario va saldato o è in leasing? E, ancora, qual è esattamente il problema?

I casi principali sono due:

  1. Il macchinario non esegue le prestazioni promesse. Esempio: il produttore aveva assicurato che la macchina avrebbe prodotto pezzi di mela tondi, e invece vengono fuori quadrati.
  2. La macchina è considerabile pericolosa e non conforme alle direttive di prodotto (direttiva macchine, direttiva compatibilità elettromagnetica, PED, ATEX, RED eccetera).

In questo articolo cercheremo di affrontare e approfondire i due diversi scenari. Parleremo dell’importanza della storia d’acquisto, della documentazione e della garanzia e capiremo cosa bisogna aspettarsi se si decide di ricorrere alle vie legali (nell’ambito del civile e del penale).

Prima però, una premessa necessaria. Quando si usa la sicurezza di un prodotto come argomento legale per mandare indietro una macchina che ha scontentato, non lo si può fare solo per evitare di pagare il saldo o ottenere uno sconto: bisogna volersi liberare anche della macchina.

Usare questo come stratagemma per trattare sul prezzo e allo stesso tempo tenere la macchina, con gli avvocati come arma di ricatto… beh, non è che non funziona mai, però devi essere parecchio bravo per riuscire a spuntarla.

Altro elemento da considerare: litigare costa, andare a processo costa. Non sempre è la scelta più conveniente (lo vediamo più avanti). Però quando andiamo a litigare dobbiamo almeno sapere che strumenti abbiamo in mano, altrimenti ci facciamo male di sicuro.

Tutto chiaro fin qua?

Bene, ora entriamo nel dettaglio.

Conformità delle macchine: errori e mancanze comuni nella documentazione

La prima cosa da controllare quando si vuole contestare la conformità di un macchinario alla Direttiva Macchine (e quindi usare la sicurezza come argomento legale) è la documentazione.

I documenti su cui concentrarsi sono 3:

  1. la targhetta CE
  2. la dichiarazione di conformità
  3. il manuale d’uso.

Targhetta CE

La Direttiva Macchine obbliga ad apporre su ogni macchinario la targhetta CE con i dati del produttore e della macchina: ragione sociale, sede legale, anno di costruzione, peso, tensione e il marchio.

Capita spesso che nel litigare e nel rimbalzarsi la macchina tra produttore e acquirente, l’operaio incaricato si dimentichi di mettere la targhetta. Questo può essere sfruttato in un contenzioso, perché risulta mancante la marcatura CE.

Altre volte, invece, la targhetta c’è ma manca l’anno, non c’è il nome della macchina, oppure c’è solo la targhetta anonima con il marchio stampato del costruttore. Queste sono tutte non conformità che possono essere usate per la segnalazione al MISE o in caso di procedimento civile.

Altro caso classico: nella targhetta metallica la marcatura CE è posta fuori dalla targhetta con un adesivo staccato – quindi la marcatura è errata. Il CE deve essere infatti dentro la targhetta, deve essere un unicum che unisce la targhetta (quindi la macchina) al manuale e alla dichiarazione di conformità.

Dichiarazione di conformità

La seconda cosa da guardare che ci può permettere di contestare la sicurezza della macchina è la dichiarazione di conformità.

Cosa andremo ad analizzare?

1) Chi ha firmato la dichiarazione

Capita spesso che i costruttori facciano firmare la dichiarazione di conformità all’RSPP, che non ha potere di firma su questa dichiarazione.

Oppure capita che la dichiarazione di conformità la firmi il consulente, che pure non può farlo.

La dichiarazione di conformità la può firmare solo chi ha progettato, realizzato, immesso sul mercato o fatto la messa in servizio della macchina. Solitamente il datore di lavoro del costruttore.

Se quel documento è stato firmato da una persona che non aveva il potere di firmare, quel documento non è valido. Quindi, la macchina non è correttamente marcata CE.

Questo è di solito un ottimo appiglio che gli avvocati usano perché dicono, come per la targhetta, che non avendo la corretta marcatura CE non potevi vendere la macchina… e da lì parte la causa.

2) Norme e direttive citate

Spesso e volentieri la dichiarazione cita norme sbagliate, norme vecchie e norme scadute.

Faccio degli esempi. Ho visto delle dichiarazioni di conformità citare il D.Lgs. 81/08, la normativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, che però non c’entra niente con le macchine e gli oggetti.

E ho visto invece non citare la direttiva ATEX in macchine che usano solventi per il lavaggio dei metalli. Questo significa non aver minimamente considerato il rischio esplosione, stai facendo entrare una bomba dentro al capannone senza dichiararlo!

Ho visto usare norme tecniche scadute. Ho visto vendere macchine con tante dichiarazioni ma senza la dichiarazione d’insieme, oppure vendere le varie linee come un insieme quando invece erano tante macchine separate.

Queste sono tutte non conformità, che fanno immaginare a un giudice (o a un CTU se viene nominato un perito) che quel costruttore non sa quello che fa, che non ha mai letto la Direttiva Macchine.

Manuale d’uso

Solitamente, il manuale è un copia e incolla di altri manuali, un canovaccio che si usa per tutte le macchine: ci metti la foto e la macchina è venduta.

Questo significa che molto spesso il manuale non è conforme, e può essere un appiglio per le contestazioni.

Quali sono gli errori tipici?

Il manuale intanto dovrebbe rispettare il punto 1.7.4 della Direttiva Macchine, che poi è un elenco puntato di tutti gli argomenti che il manuale dovrebbe trattare. Spesso quegli argomenti non sono proprio presenti.

Vediamo degli esempi.

1) Manca la dichiarazione di conformità all’interno del manuale.

Nel manuale dovrebbe esserci una copia della dichiarazione di conformità non firmata, con i riferimenti delle normative applicate. Di solito non c’è.

2) Il manuale è carente dal lato manutentivo

Nel manuale dovrebbe esserci un capitolo che spiega come fare manutenzione alla macchina: non la manutenzione straordinaria, ma una manutenzione ordinaria.

Perché è importante se manca la manutenzione ordinaria?

Perché in pratica il costruttore ti dice che non puoi aggiustare una macchina quando si rompe, e quindi impedisce il normale uso della macchina. Non avendo spiegato come aggiustarla in modo normale, non ha reso il suo cliente in grado di usare la macchina in modo normale, e questo può inficiare il contratto tra le parti.

3) Manca la descrizione generale della macchina

Un altro elemento che manca sempre è la descrizione generale della macchina, del tipo: questa macchina è pensata per fare questa cosa, in questo luogo, con questa destinazione d’uso.

Di solito ci sono solo i disegni, gli schemi e l’elenco dei pezzi di ricambio, mentre per la descrizione generale della macchina che fa riferimento all’offerta –  è assolutamente insufficiente.

Questo fa scadere tutta la struttura del manuale, per cui quando ti rivolgi ai giudici tu puoi dire: “Questo manuale è un copia e incolla di altri manuali, è un manuale vuoto. Non è un manuale che mi aiuta a usare la macchina. È un manuale solo proforma, tanto per dire che c’è”.

Leggi anche: Segnalazione al Ministero MISE – Macchina Pericolosa

Errori e mancanze fisiche della macchina: rischio residuo e RES

Abbiamo visto la parte documentale, passiamo ora alla parte fisica.

L’analisi qui si fa fisicamente, davanti alla macchina, anche intervistando un manutentore o un operaio che sa usare il macchinario.

In pratica si va a guardare una funzione alla volta cercando i RES non rispettati più comuni: spigoli vivi, organi in movimento che devi usare mentre la macchina si muove, rischio di intrappolamento senza nessuna via di fuga (nel caso delle cabine), rischio caduta dall’alto quando devi andare a regolare le serrande in quota sulla macchina, oppure ancora i produttori non hanno pensato a come far eseguire le operazioni in sicurezza ai manutentori.

A questo punto ti trovi in mano una perizia che dice: dal lato documentale la macchina è carente, dal lato funzionale la macchina è pericolosa. Prendi la perizia e la consegni all’avvocato civile.

Normalmente qui si aprono due binari: prima si parte con il civile, ma con il civile capita spesso che la controparte non creda che farai veramente quello che dici. E allora si va sul penale, da usare come pungolo ulteriore.

Il problema del civile, infatti, è che è estremamente lento. Certo, tutti i costruttori di macchine lo vivono come una rogna perché spendono un sacco di soldi in avvocati, però raramente hanno timore di perderlo perché, in fondo, è sempre una lotteria.

Ecco perché la semplice “minaccia” della contestazione non basta. Per farti prendere sul serio dal produttore hai bisogno di fargli vedere che poi sei pronto ad azzannargli i polpacci… e anche a ridargli indietro la macchina.

Se si vuole davvero usare la sicurezza come argomento, l’unica vera arma è infatti dire: “Io la macchina non la uso più la prendi indietro, è pericolosa per questi motivi…”, “tu mi hai venduto una macchina promettendomi le mele e invece mi fa le pere ed io ho visto cambiare le carte in tavola”.

Solo che smontare una macchina non è come restituire un bicchiere: magari ci metti due giorni, magari ci vuole un carico eccezionale per mandarla indietro. O magari non puoi proprio smontarla, perché ti aspetti di fare un processo civile con CTU, ATP, periti che devono venire a vedere, analizzare…

Intanto, mezzo capannone è occupato da questo macchinario ingombrante e inutile che tu non puoi utilizzare.
(Ora abbiamo parlato del civile, ma non è che nell’ambito penalistico questi aspetti cambino, anzi, ci sono ancora più complicazioni).

Per questi motivi la scelta delle vie legali non è sempre la più conveniente… ma ne riparleremo meglio più avanti.

Codice civile: cosa devi sapere / Tutela civile: strumenti e accorgimenti

Vediamo ora cosa dice la legge, quali strumenti abbiamo in mano per tutelarci e, in caso, per far partire una procedura di contestazione secondo il diritto civile.
(Per questa parte legale mi sono avvalso delle competenze di Silvia Zuanon, avvocato civile, e Diana Michelazzo, avvocato penalista, che ringrazio per la disponibilità).

Cosa dice il codice civile sulla contestazione di un macchinario?

L’importanza della storia d’acquisto

Il punto di partenza per fare un’analisi e capire cosa hai in mano è guardare i documenti che ti sei scambiato con il costruttore quando hai comprato la macchina.

Nel caso più semplice (e più raro) c’è un’offerta che hai accettato immediatamente. Molto più spesso abbiamo uno scambio di offerte che vengono rimpallate da una parte all’altra, integrando esigenze o facendo una negoziazione sui termini contrattuali e di pagamento.

Questo fa sì che di frequente non sia facile capire qual è l’accordo su cui si è raggiunto un consenso tra le parti.

Quando manca un contratto, un unicum documentale firmato dalle parti, allora bisogna capire esattamente cosa abbiamo pattuito… ed ecco perché è fondamentale tenere in ordine questa documentazione. E quando diciamo in ordine intendiamo anche in ordine cronologico, perché nel diritto civile la regola fondamentale è che il contratto è concluso quando il proponente ha preso conoscenza dell’accettazione.

Una precisazione, però.

Se il produttore mi propone una macchina con determinate caratteristiche e poi io gli dico che non mi va bene così e che la macchina deve avere altre caratteristiche (o che non me la deve consegnare entro marzo ma me la deve consegnare entro dicembre, eccetera), allora non stiamo parlando di accettazione condizionata, ma di una vera e propria controproposta.

In questo caso è il produttore che deve accettare. L’ultimo che dice “sì, va bene” sarà l’accettante, l’ultimo che fa la controproposta sarà il proponente. Sull’ultima controproposta si va a cristallizzare la volontà delle parti.

Questo è rilevante soprattutto quando uno crede di predisporre unilateralmente delle condizioni di vendita, e alla fine andando a vedere questo rimpallarsi di scambi di mail si scopre che quelle condizioni di vendita in realtà sono ampiamente superate.

Quindi, primo tema (anche per quando si acquista un macchinario): capisci bene che cosa hai firmato, che cosa hai comprato. Tieni traccia di questi scambi di documenti e alla fine accertati che quello che acquisti sia effettivamente corrispondente all’ultimo accordo, e che sia stato in qualche modo cristallizzato in un documento contrattuale chiaro per te.

Verifica alcune clausole che sono fondamentali, non focalizzarti soltanto sul prezzo: cerca di capire, per esempio, qual è la garanzia che ti è stata data.

Tendenzialmente, se firmi un’offerta che si limita ad avere l’oggetto e il prezzo e magari le condizioni di assistenza devi essere consapevole che tutto ciò che non è previsto in offerta è sottoposto al Codice Civile o altre eventuali norme di legge.

Se invece firmi un contratto più strutturato, è verosimile che in quel contratto troverai tutta una serie di regole (per esempio sulla garanzia, sulla sospensione dei pagamenti, sull’assistenza eccetera) che possono anche derogare al Codice civile.

Lo scenario può quindi essere duplice. Se hai un contratto strutturato vai a vedere cosa c’è scritto, cercando di capire quali diritti ti dà. Se non hai un contratto strutturato, bisogna capire quali diritti hai secondo la legge.

Ora andiamo a vederli insieme.

Garanzia legale: tempistiche e durata

Approfondiamo ora la norma del Codice Civile sulla garanzia per vizi, ovvero legata ai difetti del macchinario.

Tipicamente, a meno che non ci sia un’espressa pattuizione sul tema tra le parti, chi vende è obbligato per legge alla cosiddetta garanzia legale, che si chiama legale proprio perché è un effetto naturale del contratto di compravendita.

Usiamo qui come esempio il caso più semplice, quello della vendita (approfondiremo poi la questione leasing).

Chi ha comprato la macchina ha diritto ad essere garantito, e quindi a vedere ridotto il prezzo o eventualmente a risolvere il contratto qualora emerga che quella macchina è affetta da vizi che la rendono non idonea allo scopo per cui è stata pensata, cioè quello per cui io la devo utilizzare.

Tempistiche della segnalazione

L’aspetto importantissimo da ricordare è che per far segnalare i vizi del macchinario non c’è un tempo infinito, anzi, le tempistiche sono molto ristrette:

  • 8 giorni da quando scopro il vizio, se è un vizio occulto (non visibile immediatamente);
  • 8 giorni da quando mi viene consegnata la macchina, o più verosimilmente da quando è stato fatto il collaudo, se voglio denunciare un vizio del costruttore.

Quello che succede spesso è che il cliente vede che la macchina non funziona, inizia a fare telefonate, passa una settimana, ne passano due, “sì, certo, la faccio parlare con l’assistenza” …

E così va via un mese, e quando ti metti a fare la prima contestazione formale per iscritto (che è quella che poi si usa per provare il rispetto dei termini) sono belli che trascorsi gli otto giorni di tempo.

Se si va a contenzioso, quindi, è facile che la controparte (il produttore) contesti il decadimento dei termini per segnalare i vizi.
Per cui, prima regola: essere rapidi, solerti e mettere immediatamente la contestazione per iscritto.

Vediamo un po’ meglio questi aspetti.

I casi di mancanze documentali che abbiamo visto prima rientrano nei vizi palesi del costruttore. È difficile infatti dire al giudice “mancava la targhetta CE ma me ne sono accorto dopo sei mesi”. Questo è uno dei motivi per cui sarebbe bene avere un tecnico o un perito a disposizione quando viene montato il macchinario.

Se invece ci accorgiamo di un vizio che era nascosto, è bene sempre mettere per iscritto in modo formale la prima richiesta, la prima contestazione (che può anche essere generica e vaga). Ci riserviamo insomma di andare a determinare il problema in un secondo momento, quando il perito fornirà la consulenza, ma intanto rispettiamo i termini prescrizionali del caso.

Quindi diremo ad esempio: “Guarda, mi aspettavo che uscissero mele tonde, mi escono mele quadrate. Penso che questo sia dovuto ad un difetto della parte XY o comunque alla componente Z, ma mi riservo di farti pervenire una relazione approfondita da parte del mio consulente e intanto ti notifico questo per non incorrere nell’interruzione di qualsiasi termine scadenzale o prescrizionale del caso”.

(Nella pratica, poi, a me come consulente viene spesso richiesto di datare la perizia il giorno che conviene. Quindi ad esempio se l’organo di bilancio 231 è stato usato per la prima volta in una certa data, la perizia viene datata nel momento in cui si è rilevato il vizio, in modo da far partire i tempi da quel giorno).

Visto comunque che i tempi sono molto ristretti, il mio consiglio è quello di essere pragmatici e muoversi immediatamente nel momento in cui si riscontra un vizio sulla macchina facendo intervenire il perito, che ti dice subito se il problema è tuo perché non sai usare la macchina o se effettivamente c’è un difetto e se sei in tempo per contestare.

Lo strumento in questo processo è l’accertamento tecnico preventivo (o consulenza tecnica preventiva), un procedimento veloce che ti fornisce una fotografia della macchina e di cosa fa o non fa.

Questo diventa molto utile nel caso poi tu voglia sbarazzarti della macchina e smontarla, perché è tramite questo strumento che puoi testimoniare l’inadempienza del costruttore senza dover necessariamente tenere la macchina inutilizzata nel capannone, magari per anni se si va a processo (anche se tutto dipende poi da come si sviluppa il contenzioso).

Durata della garanzia

In ogni caso, a meno che il contratto tra le parti non affermi diversamente, l’utilizzatore ha soltanto un anno di tempo per far valere la garanzia, che decorre a partire dalla consegna.

Quindi se il vizio del macchinario emerge un anno e un giorno dopo, potresti anche denunciarlo tempestivamente negli otto giorni di tempo, però comunque l’azione di garanzia si è prescritta e quindi non puoi più chiedere niente al venditore.

Questa forse è una delle ipotesi più frequenti che si possono verificare, perché con i macchinari estremamente complessi succede spesso che la scoperta del vizio avvenga anche uno o due anni dopo la consegna del bene.

A maggior ragione, il mio suggerimento è quindi di essere molto veloci quando si ha il sospetto che ci sia qualcosa che non funziona. Meglio chiamare subito un tecnico o un perito che possa dirti “stai tranquillo, questo è tipico su questa tipologia di prodotto” oppure “guarda che secondo me hai non hai fatto un buon affare”.

Ripeto, questi termini sono estremamente ridotti, quindi è bene stare allerta, essere pronti a reagire appena c’è qualcosa che non va.

Se la garanzia è scaduta: aliud pro alio

Ovviamente molto spesso accade che l’utilizzatore del macchinario si rivolga all’avvocato quando ormai è già scaduto l’anno coperto dalla garanzia.

Lo strumento che utilizzano allora gli avvocati per contestare il difetto di conformità è l’aliud pro alio, un’espressione latina che in pratica vuol dire che hai comprato qualcosa al posto di qualcos’altro.

Torniamo al nostro esempio di prima, la macchina che faceva le mele quadrate anziché tonde. In questo caso al cliente è stato consegnato qualcosa di diverso per natura, per consistenza e per destinazione rispetto a quello che riteneva o si aspettava di comprare, quindi rientriamo nella casistica dell’aliud pro alio.

Attenzione però, questo strumento non è equivalente a una garanzia: si tratta di una forma di tutela creata nei tribunali per dire che, qualora il bene che hai comprato sia totalmente difforme da quello che era stato oggetto di accordo, allora puoi comunque chiedere la risoluzione del contratto e/o il risarcimento del danno, anche se è già trascorso più di un anno dalla consegna.

Qui dobbiamo però ricordare sempre che una strategia efficace è una strategia coerente. Non potremo quindi utilizzare lo strumento dell’aliud pro alio solo per bypassare i termini della garanzia, bisognerà costruire un certo tipo di percorso che rafforzi la nostra tesi in sede giudiziaria.

Per cui, se io contesto al venditore che la macchina che mi fa mele quadrate anziché tonde perché io vendo mele tonde, non è che posso tenermi in casa il macchinario incriminato come niente fosse.

Quando prendi una posizione deve essere una posizione netta. Se continui a tenere attivo a pieno regime la macchina e lei comunque contribuisce a creare il prodotto che vendi e su cui fai un guadagno, allora diventa più difficile sostenere in un contenzioso che la macchina è l’esatto opposto di quello che volevi.

È sicuramente più coerente il comportamento di chi dice che la macchina non fa il suo dovere e quindi la prende, ci mette sopra il nastro, la piazza in un angolo del capannone e intanto si compra un impianto nuovo – ammesso che abbia posto dove metterlo. In questo caso sarebbe anche più facile dimostrare che c’è stato un danno, che si è dovuto spendere per smontare e stoccare la macchina vecchia, magari anche affittare un altro magazzino per tenere il macchinario…

E no, non puoi dire che non usi la macchina e poi in realtà usarla. Ormai con gli strumenti dell’industria 4.0 si vede che la stai usando, perché tutte le macchine sono interconnesse. Quindi a maggior ragione se fai tutto questo casino solo per avere uno sconto e poi usi comunque la macchina, in sede di procedimento civile la tua credibilità scende perché viene messo agli atti che la macchina la stai usando, per cui in fondo quella macchina non ti faceva così schifo.

Segnaliamo infine che certa giurisprudenza ritiene che le difformità documentali di cui abbiamo parlato prima (quindi ad esempio l’assenza della marcatura CE, l’assenza o la violazione di norme tecniche della Direttiva Macchine) possono costituire il presupposto per dire che hai comprato qualcosa che è totalmente diverso da quello di cui avevi bisogno, rientrando quindi nell’aliud pro alio.

Il ragionamento è questo: a me serviva un macchinario che potevo immettere nel mercato, che potevo utilizzare legittimamente, e invece mi ritrovo con qualcosa che non è minimamente conforme alla normativa vigente.

Un caso particolare: il contratto di fornitura e posa in opera della macchina

Capita a volte di vedere nei contenziosi tra utilizzatori e produttori di macchinari un tipo di contratto particolare, chiamato di “fornitura e posa in opera” dell’impianto o del macchinario.

Intanto precisiamo che si tratta di una terminologia pericolosa perché non è una terminologia giuridica. In questi casi è infatti difficile capire dal documento se si sta facendo un contratto di compravendita o un appalto.

Nel 99,9% di questi casi, se si va in giudizio si finisce a battagliare per spiegare che il contratto è un appalto e non una vendita.

Perché?

Perché i termini di prescrizione della garanzia nell’appalto sono due anni (invece che uno), quindi più favorevoli per l’acquirente della macchina. E la decadenza per denuncia del vizio passa da 8 a 60 giorni.

In questi casi la tesi che si sostiene è del tipo: “Guarda, è vero che tu mi hai venduto un macchinario, ma la componente di montaggio, di installazione e di assemblaggio era decisamente più importante rispetto a quella del singolo materiale, quindi si tratta di un appalto”.

Anche questa è una delle considerazioni da fare già al momento dell’acquisto del macchinario.

Se vedete che vi fanno firmare un contratto di fornitura e posa in opera chiedetevi quindi cosa state facendo: state facendo un acquisto o state comprando un servizio in cui c’è anche la fornitura di alcuni pezzi? Perché le conseguenze sono molto diverse sul piano pratico!

Quando il civile non basta: gli strumenti penalistici

Per la contestazione di conformità lo strumento civilistico rimane quello più adeguato.

Lo strumento della querela, o comunque dell’attivazione di un procedimento penale (che, come vedremo, non dipende solo dalla volontà dell’utilizzatore del macchinario), è da valutare in maniera accessoria rispetto all’attivazione del procedimento civile, comunque imprescindibile.

È vero che, se al produttore arriva la letterina dell’avvocato che minaccia di fare una denuncia se non si fa qualcosa entro cinque giorni e poi scaduti i cinque giorni, non succede niente, il produttore potrebbe anche pensare: “tanto questo non farà niente neanche fra sei, sette o cento giorni”.

Usare anche gli strumenti penalistici potrebbe invece avere uno scopo di “pressing psicologico” che spinge il costruttore a mettersi in moto. Però, di per sé, non è una soluzione risolutiva.

La questione della sicurezza del macchinario viene sempre tirata in ballo, penalisticamente parlando, in caso di infortunio. Ma se succede l’infortunio a causa della macchina il problema è anche dell’utilizzatore, non solo del costruttore.

Negli altri casi, alzare le mano e rivolgersi a un Pubblico Ministero per portare avanti le nostre istanze potrebbe comunque essere anche una sorta di autogol nel caso decidessimo poi di intraprendere una strada più informale rispetto alla strada della denuncia e querela, ad esempio una trattativa con il produttore.

In che senso? Ora lo vediamo.

Se io sono un imprenditore e ho nel mio capannone questa macchina che mi occupa metà dello spazio senza poterla smontare, ma allo stesso tempo non la posso restituire e devo lavorare, andare a dire che quella macchina non è sicura comporta ovviamente che la si debba fermare.

Quindi andremo a crearci automaticamente un danno dal punto di vista commerciale perché siamo obbligati a stare fermi e sospendere la produzione e addirittura, se continuiamo a utilizzare quella macchina corriamo il rischio di passare dei guai anche noi.

Qui bisogna quindi stare molto attenti e fare una distinzione. Un conto è il vizio della macchina, un conto è il tema della sicurezza. Cioè, non è detto che la macchina che presenta un vizio perché mi fa le mele rotonde piuttosto che le mele quadrate sia necessariamente una macchina pericolosa. La macchina potrebbe essere sicura.

Quindi tu utilizzatore potresti non avere ragioni per bloccare quel tipo di produzione con quella macchina, perché andrai solo a contestare che le mele sono quadrate invece che tonde.

Dunque, posto che il perito riconosca che la macchina è comunque sicura, accanto agli strumenti di tutela civilistica che l’avvocato riterrà necessari potresti andare a fare un po’ di pressing psicologico al costruttore presentando una denuncia (anche solo per “motivare” il costruttore a intavolare con te una trattativa).

Ci sono degli articoli del Codice penale che effettivamente tutelano questo tipo di situazioni. Prima di entrare nel dettaglio, dobbiamo però chiarire un aspetto processuale importante nell’ambito del penale: il tema della procedibilità d’ufficio.

Procedibilità d’ufficio

Quello che stiamo per dire in parte va in contraddizione con quello che abbiamo detto finora sul fatto che la denuncia potrebbe essere utile per fare un po’ di pressing nei confronti della controparte così da indurla a trovare un’altra strada, e magari a instaurare una trattativa commerciale volta alla riduzione del prezzo.

Nel penale, infatti, esiste la procedibilità d’ufficio dei reati, quindi non serve la querela di parte. Detto altrimenti, se io presento la querela e poi decido di ritirarla perché mi sono accordato con la controparte, il procedimento potrebbe andare avanti lo stesso, perché è il Pubblico Ministero che decide se portare avanti l’azione penale.

Ecco quindi che il pressing psicologico potrebbe rivoltarcisi contro, perché se il Pubblico Ministero ritiene che io effettivamente sia stata vittima di quel reato, il processo va avanti. E magari mi va a bloccare la trattativa con la controparte che ero riuscito ad instaurare!

Come procedere, dunque?

La risposta vera è: dipende con chi abbiamo a che fare.

Un conto è se abbiamo davanti un megacolosso che probabilmente riceve un’infinità di lettere di contestazione, ha un ufficio penale preparatissimo e probabilmente non si fa impaurire dal procedimento penale perché conosce benissimo tutte le strategie a sua disposizione.

Per un’azienda di medie dimensioni, invece, un procedimento penale attivo è una bella spada di Damocle sulla testa, quindi anche solo minacciare di ricorrere al penale potrebbe funzionare molto di più.

L’altra grossa variabile in questo calcolo è, appunto, il Pubblico Ministero.

È chiaro che in caso di infortunio il tema della sicurezza esce in maniera preponderante e quindi è molto facile che si attivi l’ambito penale. Nel resto dei casi, ancora una volta, dipende dalla Procura, da quanto è attiva, se in quella Procura ci sono magistrati che si occupano molto di questo tipo di materie e quindi hanno più attenzione e sensibilità per questo tipo di casi…

E poi c’è sempre da considerare il fattore tempistiche. Il procedimento penale potrebbe partire anche a distanza di anni, entro i termini di prescrizione del reato (e, a volte anche se il reato è già stato prescritto).

Di sicuro non possiamo dire che il procedimento penale sia necessariamente la soluzione più veloce e più efficace – sempre ammesso che parta.

Chiariti questi punti, vediamo comunque quali sono gli articoli del Codice Penale a cui possiamo fare riferimento.

Articolo 515 c.p. : frode nell’esercizio del commercio

Questo è uno degli articoli più tirati in ballo in questo genere di cause, un reato che si contesta in via sussidiaria rispetto al delitto di truffa, che è quello che viene più usato per quanto riguarda le transazioni commerciali.

Però la truffa ha un qualcosa in più rispetto alla frode nell’esercizio commerciale: la truffa richiede che ci siano degli artifici e dei raggiri che devono essere posti in essere da parte di chi ti vende la macchina. Bisognerebbe quindi dimostrare che il costruttore ha effettivamente messo in atto degli artifici e dei raggiri nel presentarci e venderci il prodotto, ma questo potrebbe essere un po’ complicato da provare.

Torniamo allora all’articolo 515 c.p., probabilmente più utile, che ci dice: “chiunque nell’esercizio di un’attività commerciale o in uno spaccio aperto al pubblico consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero, una cosa mobile per origine, provenienza, quantità o qualità diversa da quella dichiarata o pattuita…”. Ecco, in questo caso il fatto di fare delle mele quadrate invece che mele tonde potrebbe rispondere effettivamente alla situazione in cui è stata consegnata una cosa mobile (la macchina) che per qualità è diversa da quella che è stata promessa.

Poi, però, bisognerà andare a discutere su che cosa si intende per “cosa mobile“, perché uno potrebbe anche venire a contestare che un pezzo della macchina non è di fatto una cosa mobile. Quindi se io ho una linea di produzione che mi occupa un capannone intero posso dire che quella è una cosa mobile? È dubbio. In questo caso si può provare a forzare un pochino l’interpretazione.

Di fatto quando si fanno questo tipo di querele poi, bisogna mettersi nell’ottica di andare a vedere esattamente che cosa dice la norma e cercare di capire se ci sono stati anche degli altri casi, quindi se esiste della giurisprudenza che possa supportare questo tipo di scelte.

Articolo 517 c.p.: vendita di prodotti industriali con segni mendaci.

Un altro tipo di reato che può tornare utile al fine di contestazione è il 517, che prevede la vendita di prodotti industriali con segni mendaci.

Anche qui si apre tutto il tema di come il compratore è stato ingannato sull’origine o sulla qualità di quel prodotto, quindi bisogna spiegare bene all’interno della querela in cosa consiste la difformità, in modo che il Pubblico Ministero sia invogliato a portare avanti l’azione penale per questo tipo di contestazione.

Ecco perché è meglio scrivere fin da subito la querela con l’aiuto di un tecnico o di un perito, che aiuta a spiegare bene dov’è il problema anche al Pubblico Ministero (uno che verosimilmente non sa nulla di macchine perché fino al giorno prima si occupava di reati contro il patrimonio e che però deve capire se portare avanti o meno questa contestazione).

Articoli 473 e 474 c.p.: contraffazione e alterazione nell’uso di marchi o segni distintivi

Qui si apre tutto il tema della marcatura CE e di come viene usata. Casi celebri che riguardano l’utilizzo mendace del marchio CE sono quelli in cui viene spacciato per marchio di conformità europea il marchio che in realtà vuol dire China Export.

Anche in questo caso comunque bisogna andare ad analizzare nel dettaglio i casi precedenti e la giurisprudenza.

Dlgs 231/01: responsabilità amministrative delle società e degli enti

I reati a cui abbiamo fatto riferimento finora (e in particolare quelli che emergono dagli articoli 515 e 517 c.p.), rientrano nel novero dei reati presupposti della 231/01, legge che riguarda la responsabilità amministrativa degli enti, quindi comportano anche “l’imputazione” della società produttrice.

In questo caso non parliamo di responsabilità penale, che comunque è personale, ma il risultato sarebbe che, smuovendo le acque, il produttore rischia di vedersi arrivare una contestazione di questo tipo veramente pesante, per lui… e di conseguenza questo potrebbe ritorcersi contro di noi utilizzatori, se stiamo cercando di spingere per una trattativa.

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Rivolgersi allo SPISAL o al MISE

Una terza via, oltre alla tutela civilistica e penalistica, potrebbe essere quella di passare la palla allo SPISAL o rivolgersi al MISE.
Anche qui però dobbiamo stare bene attenti, perché un discorso è sapere di avere una macchina con dei vizi, un altro è sapere di avere in casa una macchina non sicura (in questo caso se non la si ferma sono guai anche per l’utilizzatore).

Vediamo quindi le caratteristiche delle due procedure.

1) SPISAL

Lo SPISAL è l’ente di controllo sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, che a seconda della regione è inquadrato nell’ATS/USL/ASL (il nome cambia ma l’organizzazione è la stessa).

Quando ci rivolgiamo allo SPISAL dobbiamo sapere che, a seconda dell’ufficiale con cui si parla, la risposta cambia. Magari ci dicono “io non faccio consulenza”, “io non vengo lì a pagamento a dirti che la macchina non va bene”, “io non posso figurare come uno che prende la mazzetta per venire a dire che la tua macchina non va bene”.

Se però stai attivando un’azione penale (e quindi non puoi dire che la macchina la stai usando!), l’UPG dovrebbe venire in capannone, vedere la macchina a cui poi farà il divieto d’uso.

È possibile però attivare lo SPISAL in maniera “informale”: se il perito assicura che si può trovare una soluzione al problema di sicurezza, posso intanto fermare la macchina mentre cerco quel rimedio e accordarmi con lo SPISAL per fare una procedura di gestione ad hoc – e questo si può fare a prescindere dal fatto che sia sollevata o meno la contestazione e che ci sia il verbale di prescrizione.

Sempre in modo informale, lo SPISAL potrebbe far partire una segnalazione al MISE, oppure magari andare a verificare una macchina simile da un concorrente…

Però, come detto, queste sono vie non ufficiali, che quindi dipendono dalle relazioni personali, dall’autorevolezza, da quanto gli ufficiali ti possano credere.

2) MISE

Un’altra strada percorribile è la segnalazione al Ministero dello Sviluppo Economico (MISE).

Come funziona?

L’azienda utilizzatrice (o un perito) può fare una relazione in cui dice: “Io vedo oggi in data…, tal dei tali…, la macchina in questi luoghi…, faccio l’analisi dei RES…, vedo tutte le mancanze…”. Poi manda una bella raccomandata al Ministero dello Sviluppo Economico, che è l’ente di controllo sulla conformità dei prodotti, e poi… poi non ne sai più niente.

Intanto però il MISE si attiva e manda una lettera al costruttore in cui dice: “Sono stati contestati questi RES, dimmi come li hai gestiti, dammi l’elenco delle macchine vendute uguali a quella segnalata”. Il costruttore risponde.

Il MISE legge la risposta e può fermarsi lì, oppure può dire che non gli va bene e mandare degli ispettori a vedere una delle macchine a caso nella lista segnalata.

Se gli ispettori valutano che la macchina è realmente pericolosa si profilano due strade per il produttore: o rimetterle tutte apposto o ritirarle tutte dal mercato.

Ovviamente qui si apre anche un ginepraio perché tutti gli utilizzatori che hanno la macchina segnalata si trovano in casa l’ente di controllo e poi si trovano le macchine ferme, quindi a loro volta potrebbero fare richiesta danni – questa cosa l’ho vista succedere un paio di volte.

Quindi certo, la procedura di contestazione della macchina a livello di Ministero è lunghissima, però va detto che se poi si chiude male per il costruttore si chiude veramente molto male, perché tutte le macchine vendute devono essere ritirate dal mercato e messe a norma.

E se la macchina è in leasing?

Se il macchinario difettoso è in leasing, dobbiamo considerare che abbiamo un interlocutore ulteriore rispetto al costruttore.

Quindi, attenzione: se la macchina presenta un difetto, un problema che è immediatamente riconoscibile, appena quella macchina entra in capannone e ci accorgiamo del vizio, dobbiamo immediatamente segnalare sia al costruttore che a chi gestisce il leasing.

Mancanze base (tipo l’assenza della targhetta CE, il manuale non idoneo o la dichiarazione di conformità mancante) dovrebbero essere rilevate tempestivamente, magari con l’aiuto di un tecnico, tanto più se c’è di mezzo il leasing. Anche qui, e a maggior ragione, le contestazioni devono essere fatte per iscritto, formalmente.

Naturalmente se c’è un vizio immediatamente riconoscibile posso comunicarlo tempestivamente. Se invece il vizio emerge dopo, il rapporto con il leasing dipenderà anche dal tipo di contratto che ho con questa azienda.

In alcuni casi i leasing dicono: “Veditela direttamente con il costruttore e poi mi fai sapere”. Altri leasing invece dicono: “No, la strategia la concordiamo assieme e ci muoviamo assieme”. Quindi molto cambia da leasing a leasing, bisogna anche vedere il contratto che è stato firmato e chi ha fatto il finanziamento.

Spuntarla in una contestazione (per davvero)

Tutti quelli che ho presentato sono strumenti utili da avere presenti se vuoi avventurarti in un contenzioso legale. Devi però sempre ricordarti che cercare di essere troppo ingordi non paga.

Cosa vuol dire?

Eh, io lo so che i macchinari costano uno sproposito, che con il leasing si hanno tassi anche importanti… e quindi, una volta fatto un acquisto sbagliato, tu imprenditore hai già speso tanti soldi e vorresti recuperarli fino all’ultimo centesimo. Questa strategia però non è sempre quella vincente.

Ricordati infatti che la giustizia in Italia ha tempi biblici. Se vai a processo rischi magari di aspettare 5 anni per una sentenza che non ti dà del tutto ragione, che magari ti mette a carico le spese legali e le compensa tra le parti.

Ecco perché spesso la vera vittoria non è andare in causa, ma trovare un accordo in fretta col produttore e farsi rimborsare dei soldi anche “sporchi” e “maledetti”, che però arrivano subito e la faccenda si chiude lì.

Considera anche che la causa ha dei rischi ulteriori. Diciamo che la sentenza ti arriva dopo 5-7 anni. Intanto non è detto che tu vinca, e in caso contrario non è detto che la controparte a quel punto abbia ancora i soldi per pagarti.

Quindi magari arriva una sentenza che ti dà pienamente ragione e condanna la controparte ad un cospicuo risarcimento… ma poi la controparte non può pagare, e non ha neanche più un patrimonio che puoi andare ad aggredire!

Quindi, se lasci da parte l’orgoglio, capirai che portarsi a casa i danni dopo una trattativa e andare in pari è già una vittoria. La vera sconfitta è dover affrontare il contenzioso in tribunale.

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