Consulenza Perizie Direttiva Macchine 2006/42 Dichiarazione di Conformità

Nei momenti di crisi è normale tentare nuove strade e introdurre nuovi prodotti e nuove macchine.

Magari qualcosa di innovativo, più semplice e produttivo. Conviene cercare tra produttori extra UE, e importare? O è meglio progettare e produrre in proprio? Si tratta di un problema complesso da risolvere e ottimizzare da tanti punti di vista: tecnico – economico – gestionale – finanziario.

Ma quello che a noi interessa in questo contesto riguarda la direttiva macchine.

Leggi anche: Dichiarazione di conformità e direttive abrogate

La Nuova Direttiva macchine.

Produrre in proprio una nuova macchina significa affrontare normative con cui non si ha dimestichezza e di cui non si è certi di saper cogliere tutti gli aspetti, perché non ci si è abituati.

Importare pone problemi analoghi, con la difficoltà di doverne discutere con il fabbricante e di dover chiedere la corretta e completa documentazione necessaria.

In breve – senza dilungarsi in complessi schemi di valutazione – bisogna considerare principalmente gli aspetti che comportano:

  • Indagare per trovare se esiste una norma armonizzata (europea), o più di una, che riguardi più o meno da vicino la macchina a cui stiamo pensando;
  • Indagare per vedere se vi sono altre direttive europee, oltre alla direttiva macchine,  eventualmente attinenti;
  • Valutare se vi sono test che necessariamente bisogna fare o far fare, per sapere se la macchina a cui si pensa è conforme
  • Valutare se i componenti che si devono acquistare sono disponibili corredati della necessaria documentazione di conformità.
Cosa dice la Nuova Direttiva Macchine | Certificazionece

Quali sono le fasi di lavoro?

Le fasi di lavoro possono ad esempio essere le seguenti:

  1. Prima Fase: Un’indagine preliminare per individuare per ogni prodotto le seguenti variabili:
    • Caratteristiche dell’utilizzatore;
    • Caratteristiche ambientali di dove viene installata la macchina;
    • Destinazione d’uso;
    • Funzionamento;
    • Fabbricato/Assemblato in EU o importato da extra UE.

      Sulla base delle informazioni possiamo quindi determinare quali direttive europee cogenti applicare a ciascun prodotto.

      Le più probabili sono:
      • LVD – Bassa Tensione
      • EMCCompatibilità Elettromagnetica
      • RTTE – Radio e Telecomunicazioni
      • Rohs – Materiali utilizzati
      • MDD – Dispositivi Medici
      • AtexProdotti per Atmosfere Esplosive
      • Metrologia – 2004/22/CE
      • MDDirettiva Macchine

        Quindi possiamo individuare le norme tecniche armonizzate (HS) specifiche per ogni prodotto e per ogni direttiva.

        Sulla base di tutte le informazioni raccolte si può sapere quale sia l’iter di certificazione ottimale per ogni prodotto e se serve o meno un ente terzo (Notified Body).
  2. Seconda Fase

    Solo dopo aver conosciuto e determinato tutto questo percorso specifico per ogni vostro prodotto possiamo costruire il Fascicolo Tecnico per la marcatura CE.
    Tutto il lavoro fatto preliminarmente è ovviamente propedeutico per la seconda fase.

    In questa fase saranno costruiti:

Nel caso in cui invece si preferisca importare bisogna:

  • Esaminare bene il prodotto da tutti i punti di vista (materiale, forma, funzionalità, utilizzatori ecc) specialmente nei modi di uso inaspettato e anomalo, oltre che quello normale previsto, per valutare i rischi eventualmente esistenti;
  • Esaminare quali sono le  Direttive applicabili e/o Regolamenti cogenti;
  • Trovare normative attinenti cui riferirsi per dimostrare la rispondenza ai requisiti essenziali richiesti;
  • Analizzare di conseguenza la documentazione fornita dal produttore extraeuropeo per verificare la rispondenza e la completezza;
  • Controllare di conseguenza l’etichettatura e le info allegate al prodotto che consegnate al cliente.

In particolare tra la documentazione da richiedere al produttore vi sono i test report, ad esempio rumore – vibrazioni – campi elettromagnetici e così via. Non bastano dei semplici attestati di conformità, perché l’importatore risponde in prima persona della sicurezza del prodotto e gli enti di controllo (ad esempio la dogana) cercano tutte le evidenze oggettive necessarie.

Nel caso in cui poi si preferisca importare, bisogna porre attenzione alla scelta del fabbricante: la conformità della macchina esaminata dall’ente o dal laboratorio non comprova la conformità di tutta la produzione. Bisogna essere ragionevolmente certi che la costanza qualitativa della produzione sia assicurata da una buona organizzazione e gestione.

In pratica la direttiva macchine, se applicata con metodo e seguendo le HS che la accompagnano, può essere anche un mezzo per migliorare il proprio sistema qualità. Se ad esempio si seguono le norme “12100” e “14121”, per valutare situazioni – attività – rischi e misure di sicurezza applicate, sicuramente si mettono in discussione modi di lavorare superati o inefficienti e si è costretti a riesaminare un po’ tutto.

Questo vale a nostro parere sia per chi importa sia per chi produce.

Nel caso della macchina per caffè ci si trova davanti a molteplici problemi:

  • garantire la sicurezza dell’utilizzatore, che può essere anche uno sprovveduto o distratto, che non deve scottarsi o entrare in contatto con la corrente elettrica;
  • garantire la igienicità dei materiali utilizzati nell’assemblare la macchina: né i metalli né la plastica devono rilasciare sostanze proibite come cromo o ammine;
  • inoltre i componenti elettrici acquistati e quelli di sicurezza devono essere certificati correttamente, altrimenti non si ha la certezza che la macchina assemblata è sicura.

Leggi anche: Recipiente in pressione in arrivo dall’INDIA – Cosa guardo sulla dichiarazione di conformità?

L’esperienza insegna che in tutti e due i casi, sia che si importi sia che si produca in proprio, è molto complicato avere tutte le carte in regola. La maggioranza dei produttori extra UE si basano sul prezzo di quello che vendono, piuttosto che sulla conformità, e sono riluttanti a fornire subito tutta la documentazione – che pure già hanno – ma che richiede lavoro impiegatizio aggiuntivo.

I produttori di componenti – anche italiani – badano molto in generale alla concretezza del prodotto e non si curano, molto spesso, delle regole e delle normative. È arduo spesso mettere insieme tutto quello che serve.

Si tratta di un percorso che tutti stiamo facendo e di cui si intravedono esiti positivi sulla base del meccanismo “a cascata”: per non rischiare – o rischiare il meno possibile – che chi compra una macchina chieda tutta la documentazione necessaria e disponga magari di un RSPP esigente e scrupoloso.

Quindi il fornitore della macchina è costretto a sua volta a chiedere tutta la documentazione a chi gli fornisce la macchina, i materiali, i componenti. E così via. Gradualmente la filiera si adegua e migliora.

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