Testo Unico Sicurezza 81/2008: ecco gli aggiornamenti 2022

Il Decreto Fiscale approvato a dicembre 2021 prevede una serie di modifiche al decreto legislativo 81/2008 (Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro).

Introduce delle importanti novità su formazione e addestramento sul luogo di lavoro, nonché sulla figura del preposto. Con questo articolo proviamo a vederle insieme e capire che cosa cambia per i datori di lavoro.

Intanto, lasciatemelo dire: su questa vicenda si sta facendo molto rumore per nulla. I giornali in particolare stanno facendo un po’ di terrorismo, concentrandosi soprattutto sulle sanzioni. Io invece, da esperto di sicurezza e da professionista che spesso si presta come perito di parte (per i datori di lavoro) nei processi per infortunio, ti dirò che molte delle novità inserite sono estremamente positive.

In questo caso, il legislatore ha fatto una scelta saggia: ha preso a modello quello che già succede nelle fabbriche strutturate e l’ha trasformato in una legge. Insomma, i parlamentari non si sono inventati nulla, sono andati a vedere le best practice di chi ha già capito l’importanza di organizzare la sicurezza in azienda.

Personalmente, sono anni che mi spendo per ribadire quanto è importante che la sicurezza sia ben organizzata, sono anni che ripeto che le aziende devono costruire il loro organigramma interno, codificare chi si occupa di cosa e ufficializzarlo. Ma andiamo con ordine, e analizziamo una per una le principali modifiche.

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1. Obbligo di formazione dei datori di lavoro

L'ing. Claudio Delaini e l'avv. Rinaldo Sandri: i datori di lavoro e l'obbligo di formazione
Ing. Claudio Delaini e Avv. Rinaldo Sandri

La mini-riforma del testo unico mette molto l’accento su formazione e addestramento.

Da un lato viene inserito l’obbligo di formazione dei datori di lavoro in materia di salute e sicurezza, dall’altro si vanno a codificare meglio la formazione e l’addestramento dei lavoratori .

Le modalità della formazione per i datori di lavoro verranno regolate con la Conferenza Stato-Regioni entro giugno 2022 quindi non ci sono ancora informazioni precise su come si svolgerà tale attività.

È plausibile che verrà costruito un percorso simile a quello che esiste per i dirigenti (16 ore di formazione obbligatoria). Io, da consulente, mi auguro che questi corsi non vengano creati tutti uguali con lo stampino, ma che vengano pensati sulla base dei codici ATECO, un po’ come succede oggi con i corsi per gli RSPP (ma non con i corsi per dirigenti). Questo perché, naturalmente, la sicurezza in un bar e la sicurezza in acciaieria sono faccende ben distinte, anzi, proprio radicalmente diverse.

Insomma, è importantissimo che i datori di lavoro conoscano le regole della sicurezza, che sappiano cosa rischiano e cosa dovrebbero organizzare. A me vengono i brividi quando mi dicono che la formazione deve comprendere un certo numero di ore perché nella mia esperienza ogni azienda e ogni situazione è diversa, ma capisco lo spirito della legge, che deve essere generalista e mettere dei paletti.

2. Formalizzazione della formazione e dell’addestramento

Questa è pure una novità bellissima per tutti quelli che lavorano come periti di parte o avvocati della difesa nei processi per infortunio – e, di conseguenza, anche per i datori di lavoro. Ora ti spiego perché, ma prima facciamo un passo indietro: qual è la differenza tra formazione e addestramento?

Diciamo che la formazione è la teoria, l’addestramento è la pratica. La formazione sono io che ti faccio vedere le slide, ti leggo il manuale della macchina o ti spiego; l’addestramento è il tempo che passi a insegnare praticamente come usare la macchina. Chiaro?

Fino a ieri era obbligatorio rendicontare la formazione, ma non era necessario formalizzare l’addestramento. Le aziende intelligenti, però, lo facevano già. Perché? Beh, perché se c’è un infortunio causato da un comportamento scorretto, i report dell’addestramento sono una carta in più da giocarsi per dimostrare che l’azienda ha fatto tutto il possibile per garantire la sicurezza.

Per ora, comunque, non è prevista una sanzione per chi non rendiconta l’addestramento. Diciamo quindi che la nuova legge dà un forte stimolo e lo chiama obbligo, ma poi non punisce chi non lo assolve, quindi bisognerà vedere come le aziende riceveranno questa novità

Ma come funziona l’addestramento? Cosa si insegna esattamente e, soprattutto, chi può insegnare?

Nel migliore dei mondi possibili l’addestramento dovrebbe essere estremamente puntuale. I contenuti dell’addestramento (il “cosa”) si ricavano dalla valutazione dei rischi e dalle misure di mitigazione o dalle istruzioni operative che ne sono derivate.

In quanto al chi, si dovrà probabilmente individuare una risorsa interna all’azienda, qualcuno di competente ed esperto. Certo, ci sono margini di incertezza anche su questo aspetto, ma saranno probabilmente chiariti nel corso della Conferenza Stato-Regioni.

In ogni caso, come vedi, anche qui non ci sono vere e proprie rivoluzioni. L’addestramento era già previsto per le attrezzature particolari, ora si dice semplicemente che va fatto in generale e messo per iscritto.

Questo è un bel segnale, perché significa che il legislatore ha finalmente capito che la sicurezza va gestita dal basso, andando prima di tutto a modificare i comportamenti e a costruire una cultura di sicurezza. Il momento dell’addestramento è proprio quello in cui si creano i comportamenti scorretti, quindi andare ad agire lì significa bloccare alla fonte molti possibili problemi.

Sto dicendo che questo ridurrà a zero gli infortuni? Assolutamente no. Come ripeto anche nei miei libri, gli infortuni capitano, sono quasi inevitabili. Ma andare a fare un addestramento che prevede formalmente la preparazione sugli adempimenti di sicurezza significa obbligare a lavorare meglio.

Ora io vedo tanti report che dicono “Tizio è stato affiancato per 5 ore”… ma in quelle 5 ore, cosa gli è stato insegnato? Quante ore ha speso sulle macchine?

Queste sono tutte informazioni che tornano utili nei processi per infortunio. L’addestramento alluso di un’attrezzatura è infatti la miglior misura di mitigazione del rischio che si possa adottare contro i comportamenti errati, quindi costituisce una notevole prova di buona volontà da parte dell’azienda.

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3. Il ruolo del preposto

La terza grossa novità è relativa alla figura del preposto, la cui nomina diventa obbligatoria.

Il preposto si configura come colui che vigila sull’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza e sul corretto uso delle attrezzature e dei DPI.

Ma se fino a ieri il preposto si limitava a controllare e informare i superiori, ora diventa una figura attiva: il preposto ha infatti “il potere” di modificare i comportamenti non conformi e se necessario, sospendere l’attività lavorativa.

Cosa significa tutto questo nella vita quotidiana delle aziende?

L’articolo 18 della modifica dichiara che il datore di lavoro è responsabile della nomina del preposto. Fino ad oggi il preposto andava individuato e formato (non obbligatoriamente), ma non nominato. Questa parolina cambia parecchio le cose, perché la nomina significa un preciso inquadramento contrattuale e di conseguenza, una retribuzione collegata.

Per le aziende grandi non è un grosso cambiamento, perché già si facevano degli organigrammi di sicurezza; l’unica differenza è che ora andranno formalizzati, e quindi bisognerà pensare anche al livello da attribuire a coloro che svolgono attività di vigilanza e coordinamento sulla sicurezza.

Nelle aziende più piccole l’organizzazione della sicurezza è spesso più confusionaria, quindi magari il preposto non c’è oppure svolge una funzione più formale che sostanziale.

Ma chi si dovrebbe scegliere come preposto? Il preposto può anche coincidere con il datore di lavoro?

La risposta a quest’ultima domanda è: dipende dall’organizzazione dell’azienda.

Se l’azienda è un’officina con tre persone e se il titolare è anche il responsabile dell’officina, allora ha senso che il titolare possa ricoprire anche il ruolo di preposto. Ma se l’azienda è organizzata diversamente, se ci sono persone che di fatto vigilano e controllano il lavoro degli altri facendo le veci del titolare, beh, allora avrà più senso nominare costoro come preposti.

Penso ad esempio al responsabile di produzione di una piccola azienda, che di solito non coincide con la figura del titolare ma che nel quotidiano, controlla l’attività del reparto. Non è quindi una questione di numeri, è tutto legato all’organizzazione aziendale.

4. Inasprimento delle sanzioni e potenziamento dell’Ispettorato del Lavoro

Queste modifiche sono quelle che hanno suscitato più clamore, ma in realtà anche qui non c’è nulla di particolarmente innovativo.

Da un lato abbiamo gli ispettori del lavoro “resuscitati” a cui sono stati attribuiti pieni poteri in materia di salute e sicurezza.

Dall’altra parte viene allargata la platea di situazioni che prevedono una sospensione delle attività imprenditoriali (strumento già in vigore in caso di infortuni gravi) includendo tutta una serie di mancati adeguamenti, come ad esempio la mancanza del documento valutazione rischi, del piano operativo di sicurezza, della formazione etc.

Come dicevo, si tratta di strumenti che già esistevano e di cui si è allagata l’applicazione. È vero che possono spaventare, ma se si organizza bene la gestione della sicurezza è molto difficile trovarsi in queste situazioni. Paradossalmente è molto più facile che la sospensione arrivi per un infortunio grave, che poi è qualsiasi infortunio con prognosi superiore ai 40 giorni…

PS Questo articolo nasce da una delle mie chiacchierate digitali con Rinaldo Sandri, un avvocato penalista specializzato in infortuni sul lavoro. Se vuoi guardarti il video lo trovi (insieme a molti altri) sul mio canale YouTube.

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