Il consulente tecnico d’ufficio: chi è, che ruolo ha e cosa fa

A noi ingegneri che ci occupiamo di sicurezza macchinari (e non solo) viene spesso richiesto di svolgere perizie ed “entrare” nei processi come consulenti tecnici di parte o consulenti tecnici d’ufficio.

Il problema è che, per noi profani senza una laurea in legge, il mondo dei tribunali è misterioso e complicato. Io personalmente ho riscontrato più volte una grande impreparazione, sia da parte dei consulenti tecnici di parte (CTP) che da parte dei consulenti tecnici d’ufficio (CTU).

Ecco, io credo molto in quello che diceva Kobe Bryant: per imparare a vincere, devi capire come ragionano gli arbitri.

[Non per niente ho fatto un master in Ingegneria Forense…]

Ho deciso dunque che nei prossimi mesi dedicherò una serie di articoli al funzionamento dei processi e alla figura del perito (CTU, soprattutto, ma anche CTP).

Spero così di portare un po’ più di consapevolezza tra i colleghi che approcciano questa materia, e magari di creare un piccolo percorso introduttivo per coloro che si apprestano a ricoprire per la prima volta il ruolo di perito.

Bene, iniziamo.

Chi è il consulente tecnico d’ufficio (CTU) e che ruolo svolge nei processi

Prima di tutto facciamo chiarezza sui termini e sul ruolo che svolge il CTU, un ruolo che si è evoluto nel tempo.

Anni fa non si parlava di consulente tecnico, ma si usava genericamente il termine “perito”. Oggi, anche se la definizione generica di perito è rimasta, si usa il termine più specifico di consulente tecnico. Per essere più precisi, si parla di consulente tecnico nell’ambito penale e di consulente tecnico d’ufficio nell’ambito del processo civile.

In questo articolo, per semplicità, parleremo soprattutto di periti o CTU, dato che nella maggior parte dei casi nel nostro campo abbiamo a che fare con processi di tipo civile.

Detto questo, bisogna sapere che il consulente tecnico è un ausiliario del giudice, ovvero una figura (in questo caso esterna) che il giudice nomina per farsi aiutare nella decisione. La necessità di nominare un consulente nasce nel momento in cui il processo verte su una questione che non è puramente giuridica, ma è anche tecnica e fattuale.

Facciamo un esempio classico di processo civile. Un cliente acquista un certo tipo di macchinario da un fornitore, la macchina arriva e non fa quello che dovrebbe fare, almeno secondo il cliente. Il cliente non vuole pagare e il fornitore lo porta in tribunale.

In questo processo ci sono due parti che si contrappongono, ciascuna rappresentata da un avvocato. L’avvocato di ogni parte porterà avanti la sua tesi sia “in punto di fatto” che “in punto di diritto”.

In punto di diritto significa che si andrà a valutare il quadro normativo entro il quale si colloca la richiesta, ad esempio una richiesta di risarcimento: quali sono i diritti da far valere in giudizio e quali sono gli articoli del codice civile o della normativa tecnica che sono stati violati. Questa parte di attività è in capo agli avvocati delle parti (anche se spesso sono i consulenti di parte a suggerire il giusto inquadramento della normativa tecnica, in collaborazione con l’avvocato).

Oltre al diritto, però, va prestata attenzione ai fatti: quali erano gli accordi tra le parti, quali erano le prestazioni promesse del macchinario e quali sono le prestazioni effettive.

Ecco che, se ci sono dubbi sull’aspetto fattuale, ecco che viene nominato un consulente tecnico. Nel nostro esempio il CTU potrebbe essere un ingegnere, che andrà a verificare ad esempio se il macchinario rispetta le normative sulla sicurezza, se le prestazioni della macchina sono conformi alle promesse contrattuali, se la macchina è arrivata con tutta l’attrezzatura prevista eccetera eccetera.

Perciò, quando il giudice ritiene di aver bisogno di un consulente tecnico per accertare i fatti, va a nominare una persona che possegga una determinata competenza tecnica, selezionandola all’interno di appositi albi, detti albi speciali.

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Gli albi speciali e i requisiti per i consulenti tecnici d’ufficio

Come abbiamo appena detto, normalmente i CTU vengono scelti tra i nominativi iscritti agli albi speciali dei tribunali.

Ma cosa sono questi albi speciali?

Un albo speciale è un elenco, redatto da un apposito comitato, contenente i nominativi dei professionisti che hanno dato la propria disponibilità come CTU.

Naturalmente queste persone non sono scelte a caso, ma devono soddisfare determinati requisiti.

  • Innanzitutto i CTU devono possedere competenze specifiche in un determinato ambito tecnico. Solitamente le macro aree di interesse sono quella medica, quella industriale, quella agricola, quella commerciale e quella assicurativa.
    Nell’ambito industriale, quello che ci interessa di più, solitamente i CTU sono ingegneri; nell’ambito commercialista troviamo i dottori commercialisti, i ragionieri iscritti all’albo dei commercialisti o i consulenti del lavoro; nell’area assicurativa avremo invece professionisti della tecnica assicurativa, ma anche ad esempio periti stradali eccetera eccetera.
  • Un altro requisito è avere competenze o titoli attestanti le capacità relative all’attività di consulente. Qui è importante che si parli anche di competenze e non solo di titoli, perché questo consente ai giudici di nominare professionisti che magari non hanno una determinata specializzazione a livello di studio, ma che abbiano un curriculum capace di attestare lo sviluppo di competenze in una certa area nel corso del tempo.
  • Terzo requisito: obbligo di iscrizione al relativo ordine professionale o alla camera di commercio. Parliamo quindi solo di professionisti o comunque persone che hanno una partita IVA.
  • Infine, non da ultimo, il CTU deve avere una condotta morale integerrima. Mi sembra banale, ma facciamo un esempio. Un architetto, per quanto di fama internazionale, se è un pregiudicato non potrà sicuramente essere scelto dal giudice come ausiliario.

Questi che ho indicato sono i requisiti minimi, poi ce ne sono altri, diciamo preferenziali. Il possesso di un titolo post-laurea, ad esempio, o un’anzianità di servizio di solito non inferiore ai 5 anni (ma questo dato può cambiare a seconda delle prassi del singolo tribunale). Tutto ciò serve ad evitare che venga nominato CTU un neofita appena laureato e che ha appena iniziato a svolgere l’attività.

I giudici fortunatamente sono propensi anche a nominare consulenti abbastanza giovani, ma ovviamente tendono a preferire chi ha alle spalle già qualche anno di esperienza e quindi sicuramente ha una conoscenza più approfondita della materia.

  • L’ultimo requisito, ovviamente fondamentale, è essere iscritti agli albi dei consulenti tecnici d’ufficio.

Attenzione, ogni tribunale ha i suoi albi speciali tra cui scegliere i nominativi. Generalmente il tribunale ogni tot tempo fa uscire degli avvisi pubblici in cui comunica la richiesta di disponibilità di determinati professionisti. Dopodiché si riunisce un comitato (composto dal presidente del tribunale, dal procuratore della Repubblica e da un tecnico, spesso il presidente dell’ordine professionale interessato o un membro del consiglio direttivo) e viene stilato l’elenco aggiornato.

Come detto, ogni tribunale ha i propri albi. Quindi il tribunale di Milano avrà il suo albo, il tribunale di Brescia avrà il suo e così via. La corte d’appello non ha un suo albo, ma in caso di necessità recupera il nominativo dagli albi dei tribunali che afferiscono al suo distretto di competenza.

Altra nota sugli albi: a volte si dice che un determinato giudice nomina sempre gli stessi CTU. Può anche essere vero, ma questo succede perché la nomina del CTU prevede un rapporto di fiducia.

Quindi se il giudice Rossi ha individuato nell’ingegner Bianchi un consulente tecnico capace, competente, puntuale e preparato, è probabile che torni a interpellarlo ogni volta che può. Anzi, è molto comune che un giudice si costruisca una “cerchia” di professionisti fidati e competenti nelle varie discipline su cui sa di poter contare al bisogno. Se ci pensi bene, succede in tutti gli ambiti lavorativi!

In ogni caso, sappi che il giudice (e il tribunale) deve sottostare al principio dell’equa distribuzione degli incarichi, quindi non dovrebbe mai affidare allo stesso CTU più del 10% dei casi a disposizione. Se così non avviene, gli altri CTU possono sollecitare la rotazione… ma questo lo vedremo meglio prossimamente.

Chi è e cosa fa il CTU

La nomina e le attività del consulente tecnico d’ufficio

Se il giudice accerta la necessità di rivolgersi a un esperto di una determinata materia, andrà a nominare un CTU. Il giudice sottopone al consulente tecnico un quesito (o più quesiti) a cui quest’ultimo dovrà dare risposta.

Prendiamo l’esempio che abbiamo usato prima, cliente e fornitore che litigano perché una macchina non funziona come dovrebbe e il cliente non vuole pagarla. Il giudice, che giustamente ne sa poco di macchinari industriali, nomina un consulente tecnico per aiutarlo a dirimere la controversia. Tra i quesiti posti dal giudice ci potrebbero essere domande come:

  • Il macchinario rispetta le normative di sicurezza?
  • La qualità del prodotto lavorato è conforme a quella solitamente garantita dal cliente?
  • Il macchinario è stato fornito nei limiti temporali stabiliti da contratto?
  • Il macchinario rispetta i requisiti per accedere ai benefici di industria 4.0, come previsto nel contratto d’acquisto?

Naturalmente i quesiti saranno formulati con un linguaggio più preciso e formale, indicando esattamente come il consulente tecnico deve rispondere. Formulare il quesito è un’arte, e un buon avvocato sa anche “sussussare” nelle orecchie del giudice per far sì che le domande siano poste in modo favorevole…

Cosa fa a questo punto il consulente tecnico?

Come disciplinato dall’articolo 62 del codice di procedura civile, il CTU risponde ai quesiti del giudice redigendo una relazione scritta (perizia o consulenza tecnica).

Il giudice potrebbe poi chiamare il CTU a fornire ulteriori chiarimenti, ad ampliare il quesito, oppure potrebbe anche introdurre nuovi elementi che non erano oggetto del quesito in prima battuta – magari perché scopre di avere necessità di nuove informazioni o testimonianze. Il giudice potrebbe inoltre richiedere allo stesso CTU di acquisire autonomamente informazioni e notizie o potrebbe autorizzarlo a sentire altre persone.

Nota: la regola generale vuole che venga impiegato un singolo consulente di per ogni procedimento. In caso di gravi necessità o di estrema complessità della materia si richieda l’esperienza tecnica di consulenti che possono appartenere anche ad ambiti diversi. Pensiamo ad esempio a casi molto complicati dell’ambito penale, ad esempio i processi relativi al ponte Morandi o alla tragedia della funivia di Mottarone… In questo caso il giudice è tenuto a indicare nel provvedimento di nomina le ragioni di grave necessità, mentre i consulenti saranno tenuti a redigere insieme un’unica consulenza.

Il consulente tecnico, se riceve l’incarico singolarmente, dovrebbe lavorare da solo per rispettare il segreto istruttorio. Uso il condizionale perché non è raro che i CTU nominati chiedano la “supervisione” di un altro collega, nonostante si tratti di una pratica illecita.

Bisogna però considerare anche un altro aspetto: le categorie indicate negli albi sono molto ampie, e rifiutare la nomina non è semplicissimo (ne parliamo tra poco).

Quindi un ingegnere specializzato in aeronautica potrebbe trovarsi chiamato a esprimere un’opinione su un caso di macchinari industriali, di cui probabilmente sa assai poco. Diciamo che, in questi casi, il consulente tecnico bravo – e scafato – se la cava facendo parlare le carte, in particolare guardando alle relazioni dei periti di parte.

Nel prossimo paragrafo capirai meglio cosa intendo…

Differenze tra consulente tecnico percipiente e consulente tecnico deducente

Affrontiamo ora un argomento un po’ più tecnico, ma fondamentale per capire le diverse funzioni che può assumere il consulente tecnico all’interno di un procedimento.

La normativa che definisce il ruolo del consulente tecnico è cambiata nel tempo. Se inizialmente si tendeva a vedere la perizia come fonte di prova, ora si tende più a considerare lo stesso consulente tecnico come elemento con il quale viene esaminata e acquisita la prova. In pratica il consulente tecnico può assumere una funzione più “passiva” o una più “attiva”, a seconda di come viene inquadrato dal giudice e del tipo di procedimento.

Cerchiamo di capire meglio.

  • Si parla di consulente tecnico percipiente quando al consulente viene dato l’incarico di accertare fatti non altrimenti accertabili impiegando tecniche e conoscenze specifiche. In questo caso il consulente deve verificare delle situazioni non dimostrate in giudizio, e che sono verificabili solo attraverso competenze tecniche. Di fatto deve scoprire dei fatti che le parti hanno in qualche modo cercato di dimostrare senza però riuscirci.

    Solitamente questa situazione si verifica più nell’ambito penale che in quello civile. Diciamo ad esempio che c’è stato un infortunio in azienda, risultato purtroppo con la morte di un operaio. A stabilire le cause della morte sarà probabilmente un consulente tecnico specializzato in medicina legale.

    Un’altra situazione in cui interviene il consulente tecnico percipiente è quando c’è bisogno di una perizia particolarmente complessa o quando la perizia deve essere effettuata su una situazione che potrebbe mutare nel corso del tempo, e quindi si usa l’istituto dell’incidente probatorio.

    Pensiamo sempre al caso del ponte Morandi: la perizia va effettuata in fase di indagini preliminari, perché in seguito la situazione potrebbe mutare, anche solo per via del deterioramento dovuto agli agenti atmosferici…

    In situazioni come queste, nell’ambito del processo penale, il consulente tecnico ha carta bianca, e può arrivare ad accertare fatti che vanno oltre le richieste delle parti costituite. La perizia finale diventa fonte di prova ed è utilizzabile al pari di tutte le altre prove acquisite in processo.
  • Al contrario, il CTU deducente deve appunto dedurre da fatti già acquisiti. In questo caso il consulente tecnico esamina solo le prove che sono state portate all’attenzione del giudice, quindi i fatti già accertati dal giudice o quelli pacifici tra le parti (cioè, non contestati).

La logica è semplice, in un certo senso: se il processo è di tipo civile e ci sono due parti che si contrappongono, il giudice “si fida” delle prove portate dalle parti e quindi il lavoro del CTU si basa esclusivamente su quelle prove.

Nel processo penale, dove la situazione è più grave e c’è lo Stato che si contrappone ad una parte accusata, il consulente tecnico può anche andare a creare prove ulteriori per il procedimento, quindi assume il ruolo più attivo di consulente tecnico percipiente.

Ricapitolando, il consulente tecnico percipiente va a creare una prova all’interno del processo con la sua perizia, mentre il CTU deducente esamina le prove già fornite dalle parti e aiuta il giudice a capire come quelle prove possono essere esaminate. In questo caso il ruolo del CTU è ben definito all’interno di determinati parametri che sono fissati all’inizio.

Facciamo degli esempi per capire meglio.

Torniamo al caso citato sopra, produttore di un macchinario e cliente che litigano sulle prestazioni della macchina acquistata. In questo caso il perito avrà il ruolo di consulente tecnico deducente, e baserà la sua perizia sulle prove presentate dalle parti: il contratto d’acquisto e le perizie di parte.

C’è stato un infortunio grave in un’azienda. Un operaio è caduto in una fossa solitamente occupata da un macchinario. Scatta il procedimento penale. La difesa dice che l’operaio è caduto perché stava leggendo il cellulare e non era attento. Qui il consulente tecnico sarà di tipo percipiente (solitamente un incaricato delle ATS/ASL/USSL).
Il perito va in azienda, analizza lo stato dei luoghi, ricostruisce l’avvenimento, indaga sulle cause, capisce com’è organizzata la sicurezza e se la persona era adeguatamente formata. Dopodiché elabora una perizia che il pubblico ministero deposita come fonte di prova da portare in dibattimento.

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Diritti e doveri del consulente tecnico d’ufficio

Andiamo ora a vedere esattamente quali sono le mansioni del CTU all’interno del processo per capire anche i diritti e gli obblighi del consulente tecnico d’ufficio.

Al CTU può essere chiesto di partecipare ad alcune udienze sotto invito del giudice istruttore. Ad uno psicologo, ad esempio, potrebbe essere richiesto di partecipare alla fase di contraddittorio per valutare l’affidabilità di un certo testimone.

Nello specifico, nel dibattimento penale il consulente tecnico è obbligato a partecipare alle udienze a cui viene chiamato (coattivamente, nel senso che se non vai la polizia ti viene a prendere a casa!). Questo perché nel procedimento penale la prova si produce solo in dibattimento, quindi la “testimonianza” del perito serve a validare la perizia. Nel civile, invece, succede raramente che al consulente tecnico sia chiesto di comparire in udienza.

Più comunemente, al perito viene chiesto di compiere delle indagini per dare una risposta ai quesiti posti dal giudice. Se il consulente opera in ambito bancario o assicurativo nel 99% dei casi può tranquillamente svolgere le indagini nel suo studio. Se invece è un esperto di edilizia o, come nel mio caso, un ingegnere dei macchinari, potrebbe dover andare sul luogo e verificare di persona come è stato realizzato un progetto o un macchinario, oppure potrebbe dover richiedere dei documenti a determinati enti pubblici.

Per trovare una risposta adeguata al quesito del giudice il consulente può anche richiedere alle parti ulteriori chiarimenti e documentazione, o eseguire calchi e rilievi (sempre previa autorizzazione del giudice). Le indagini possono essere svolte anche in assenza del giudice o fuori dal tribunale, se necessario, e il CTU può anche raccogliere ulteriori informazioni da terzi soggetti, se autorizzato.

In generale la maggior parte del lavoro del consulente avviene all’esterno del tribunale, in autonomia, ma sempre dopo aver ricevuto autorizzazione dal giudice a compiere determinate azioni.

Al termine delle sue indagini, il CTU deve rispondere per iscritto al quesito del giudice tramite un elaborato tecnico, la perizia. La perizia viene prima sottoposta all’attenzione delle parti per riceverne le osservazioni, dopodiché passa all’attenzione del giudice.

Il CTU redige inoltre i verbali delle sedute quando c’è un incontro con le parti in causa. Solitamente all’apertura dell’attività di perizia c’è un incontro con le due parti, che deve essere appunto verbalizzato dal CTU. Da quel momento in poi le parti, se autorizzate dal giudice, possono nominare un proprio consulente tecnico di parte (il CTP).

Il consulente tecnico di parte assiste l’avvocato, in eventuale contraddittorio con l’altro CTP o con lo stesso CTU. I consulenti tecnici di parte e gli avvocati possono inoltre presentare al CTU osservazioni e istanze, a voce o per iscritto.

Il CTU ha l’obbligo di prestare il suo ufficio quando viene nominato, tranne nel caso in cui sia impossibilitato (ad esempio per motivi di salute) o possa presentare un giusto motivo di astensione (cioè di rinuncia all’incarico).

Ma quand’è che il consulente tecnico d’ufficio può astenersi?

Quando vengono meno le condizioni di imparzialità rispetto all’oggetto in causa.

Quindi ad esempio:

  • Se il CTU ha svolto attività professionali per una delle parti in causa
  • Se ha già ricoperto il ruolo di CTU in un diverso grado del processo
  • Se è legato da rapporti di parentela con le parti in causa
  • Se ha cause pendenti o inimicizie con una delle parti in causa
  • Se esistono gravi ragioni di convenienza che possono intaccarne la neutralità

Se il consulente non si astiene e uno di questi fatti viene a galla, le parti potrebbero arrivare a ricusare il consulente, chiedendo al giudice di sostituirlo. Di solito la sostituzione avviene anche solo quando viene sollevato il sospetto…

Il CTU è infine tenuto all’obbligo di diligenza, ovvero a svolgere la sua attività con diligenza, perizia e imparzialità. Per questo motivo tutti i rapporti del CTU con le parti devono essere documentati e approvati dal giudice, e la perizia si deve basare unicamente su documenti già esistenti o su documenti acquisiti con l’approvazione del giudice.

Ovviamente il perito è tenuto anche al rispetto delle norme deontologiche della sua professione e dell’ordine di appartenenza: autonomia, competenza, correttezza, trasparenza, obiettività e scrupolo.

Come abbiamo detto, il CTU ricopre una funzione di ausiliario del giudice e ha una responsabilità penale, civile e disciplinare. Di fatto è un pubblico ufficiale, perché viene incaricato di un servizio pubblico. In quanto tale ha anche l’obbligo di risarcire il danno causato se viola i doveri connessi al suo incarico.

Insomma, fare il consulente tecnico non è una passeggiata, e si porta dietro il rischio di conseguenze penali, civili e anche economiche!

Ma cosa rischia esattamente il CTU che sbaglia? Ce lo dicono gli articoli 1218, 1176 e 1023 del Codice Civile.

Il CTU è appunto chiamato a risarcire le parti se ha recato danno perché ha svolto il suo incarico in modo errato. Per capirsi, il consulente non deve risarcire una parte se la sua consulenza va a sfavore di quest’ultima; ma se invece ha valutato una vicenda in modo palesemente errato, se ha interpretato in modo grossolano una normativa o anche se nel corso di un sopralluogo ha creato inavvertitamente un danno, allora potrebbe essere chiamato a risponderne in tribunale.

Ovviamente tutto questo vale anche se il consulente va a elaborare una consulenza fuorviante e fraudolenta per favorire una delle parti o danneggiarne un’altra.

Ok, ci siamo. Questo è un po’ il quadro generale in cui si muove il consulente tecnico d’ufficio.

Nei prossimi articoli andrò invece ad inquadrare meglio alcuni aspetti più tecnici del ruolo del CTU e, di conseguenza, del CTP.

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